CASSAZIONE CIVILE SEZIONE LAVORO SENTENZA N. 15437/2014 DEL 7/7/2014
La sentenza in commento risolve il tema del diritto di convocare assemblee sindacali individuandone i reali destinatari, anche alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 231/2013, che ha dato un nuovo significato al concetto di rappresentatività contenuto nell’art. 19 dello L. 300/1970.
Tuttavia, per comprendere appieno la portata innovativa del precedente, risulta opportuno ripercorrere l’iter loco giuridico seguito dal Supremo Collegio.
Il presupposto di partenza dell’analisi è il diritto di assemblea riconosciuto ai lavoratori, in forza del quale, ai sensi dell’art. 20 della L. n. 300/1970, essi possono “…riunirsi, nella unità produttiva in cui prestano la loro opera, fuori dell’orario di lavoro, nonché durante l’orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali verrà corrisposta la normale retribuzione” e tali assemblee “…sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali nell’unità produttiva, con ordine del giorno su materie di interesse sindacale e del lavoro e secondo l’ordine di precedenza delle convocazioni, comunicate al datore di lavoro.”
Con l’art. 4 dell’accordo interconfederale del 20/12/1993 “…i componenti delle R.S.U. subentrano ai dirigenti delle R.S.A. nella titolarità dei diritti, permessi, libertà sindacali e tutele loro spettanti…”.
Ci si interroga, dunque, sulla legittimazione dei singoli dirigenti delle Rappresentanze Sindacali Unitarie di promuovere assemblee e sulle sigle che possano esercitare tale diritto.
In tale quadro si innesta il concetto di rappresentatività, elaborato alla luce della nuova interpretazione dell’art. 19 della L. n. 300/1970, resa dalla Corte Costituzionale con la sent. 231 /2013, in forza della quale si stabilisce il diritto di costituzione della Rappresentanza Sindacale Aziendale anche nell’ambito delle organizzazioni che hanno partecipato alla negoziazione dei contratti applicati in azienda, pur non avendoli poi sottoscritti. Rappresentatività, dunque, significa partecipazione attiva al processo di formazione del contratto normativo, che regoli in modo organico i rapporti di lavoro, anche in via integrativa.
Definito il concetto di rappresentatività, devono ripercorrersi brevemente le ragioni che hanno portato all’accordo interconfederale circa le Rappresentanze Sindacali Unitarie sopra richiamato; con esso, infatti, per rendere il sindacato sempre più vicino alla base ed effettivamente rappresentativo delle istanze dei lavoratori, si volle dare riconoscimento ad organizzazioni minoritarie presenti in azienda, attraverso un sistema elettivo a suffragio universale.
Il richiamato accordo interconfederale, poi, non ha previsto per le R.S.U. un funzionamento di natura collegiale ed ha riconosciuto a tele organismo tutte le prerogative sindacali delle R.S.A., cioè sia quelle riferibili alla R.S.A. nella sua unità, che quelle attribuite ai suoi dirigenti e, fra queste prerogative, vi è il facoltà di indire l’assemblea sindacale.
Tuttavia, l’art. 4 dell’accordo interconfederale testualmente attribuisce il diritto “…ad indire, singolarmente o congiuntamente l’assemblea dei lavoratori durante l’orario di lavoro…” solo in favore “…delle organizzazioni aderenti alle associazioni sindacali stipulanti il c.c.n.l. applicato nell’unità produttiva..”
Pertanto, la Cassazione, richiamando l’art. 20 della L. n. 300/1970, che, come visto, afferma che le assemblee possono essere convocate “singolarmente o congiuntamente” da parte di tutte le R.S.A. nella singola unità produttiva, dichiara il diritto di indire assemblee in favore dei soli dirigenti delle R.S.U. dotate di adeguata rappresentatività, ovvero appartenenti a sindacati sottoscrittori o partecipanti alla negoziazione dei contratti collettivi applicati in azienda.